Cerca nel blog

mercoledì 7 agosto 2013

QUALE FUTURO PER IL RE?


E’ questo l’interrogativo che scuote migliaia di appassionati di tennis da qualche tempo a questa parte.

C’è chi se lo domandò già nel 2011, il primo anno dal 2002, che Federer concluse senza alcun titolo dello slam. C’è chi iniziò a chiederselo dopo il torneo di Wimbledon dello scorso anno, dove dopo aver eguagliato Sampras con sette centri sull’erba dell’All England Club qualcuno dubitava che Roger potesse avere di nuovo stimoli per lottare per altri importanti traguardi.

Poi c’è chi invece questa domanda ha iniziato a porsela solo qualche settimana fa. Si perché, se la sconfitta al secondo turno a Wimbledon contro Sergiy Stakhovsky faceva ancora male, sono state le successive scelte di Federer a lasciare tutti un pò perplessi. In primis il cambio di racchetta, non succedeva dal 2002, passando da un piatto corde più grande a 98 pollici, rispetto ai 90 della precedente e poi ancor più sorprendente è stata la scelta di giocare i tornei di Amburgo prima e Gstaad poi.

Il braccio rimane lo stesso
Sono tornei su terra rossa, a breve inizia la stagione sul cemento americano, che se escludiamo il torneo di Wimbledon è quella che ha regalato maggiori gioie al tennista svizzero, che ci va a fare si chiedevano in molti. Le supposizioni si sprecavano; chi sosteneva che avesse bisogno di tornei minori per recuperare la forma perduta e/o testare la nuova racchetta, chi pensava volesse racimolare più punti possibile in ottica Master di finale, chi invece lo considerava semplicemente un pazzo.

Federer era sempre stato il numero 1 assoluto nella programmazione della stagione, perchè stravolgere così tutto per una delusione, seppur cocente, come era stata quella a Wimbledon?? E poi in che condizioni fisiche si presentava??

Come è andata lo sappiamo tutti: sconfitta in semifinale da Delbonis, sconfitta addirittura al secondo turno da Daniel Brands. In seguito a questa partita Federer ha poi spiegato che cosa effettivamente non andava.

La schiena, che lo tormenta da tutta la stagione, quella che non gli ha permesso sostanzialmente di giocare la semifinale ad Indian Wells contro Nadal a marzo, è tornata di nuovo a farsi viva e ha costretto poi lo svizzero a saltare il Master di Montreal che parte oggi. (Per la diretta e i commenti potete seguirci sul nostro profilo WeCannotBeSerious )

Questo forfait ha alimentato di nuovo discussioni con quelli che dicevano se stava male cosa ci è andato a fare? Per peggiorare le cose?! Col senno di poi siamo bravi tutti, dubito che ci possa essere qualcuno su questo pianeta che possa dire a Roger Federer qualcosa sul suo modo di programmarsi.

I commenti peggiori, a mio avviso però, sono stati quelli che han trasformato Federer in una sorta di malato terminale. “Roger non mollare”, “Roger ti siamo vicini”, piuttosto che “Roger senza di te come faremo” erano tra i più gettonati.

Come avevo già avuto modo di dire, lo svizzero sta benone, semplicemente il tifo esasperato che si trasforma in fanatismo non è mai un bene, anzi. Federer sta semplicemente attraversando l’ultimo step della carriera di un professionista, ovverosia quello del declino.

Da aspirante economista mi trovo costretto a dover leggere i numeri e ad analizzarli. Dalla vittoria dell’Australian Open 2010 nei successivi 14 tornei dello Slam Federer ha giocato solamente 2 finali, una a Parigi, perdendola; una a Wimbledon, vincendola.

Con questo cosa voglio dire, che le avvisaglie di un normale, fisiologico e di conseguenza anagrafico calo di Roger Federer c’erano già da qualche anno, solo il suo smisurato talento e un fisico baciato da madre natura, perfetto per giocare a tennis e che non gli ha mai dato grossi problemi, gli aveva permesso di essereancora competitivo con gente che di cinque, sei, sette anni più giovane di lui.

Sarà l'ultimo??

Come diceva qualche anno fa un grande l’italiano non ha memoria storica quindi in molti che già fanno il funerale a Roger Federer, chi da qualche anno, chi invece da qualche mese, in maniera spesso e volentieri irriguardosa e irrispettosa per quello che ha dato a questo sport e allo sport in generale, si dimenticano che il suo illustre predecessore, quel Pete Sampras al quale ha strappato quasi ogni tipo di record possibile, dopo i trent’anni bazzicò per il circuito quasi due anni senza raggiungere un risultato degno del suo nome e della sua fama, prima di regalare l’ultimo meraviglioso acuto in quel di New York contro Agassi in finale nel 2002, da numero diciassette del mondo.

Non vorrei illudere qualcuno dicendo che Federer farà la stessa cosa, dico solo che sarebbe giunto il momento per tifosi e non, di godersi da semplici appassionati quanto più tennis ci regalerà Federer in futuro; che sia per uno, due o tre anni non ha importanza, così come non ha importanza la classifica, che oggi lo relega al settimo posto nella Race (la classifica che vale l’accesso al Masters di fine anno) l’unica cosa che conta è la consapevolezza di esser stati testimoni di qualcosa di grandioso, di un qualcosa che come è stato per Mohammed Alì, Michael Jordan, Ayrton Senna, Diego Maradona, Michael Phelps potremo vantarci di aver visto e di essercelo goduto.

Andrea Lanzarini














E ADESSO CHIAMATELO "SIR"


Mi chiamo Conner MacLeod vengo dalle Highlands e sono immortale…

….Non sono il solo e alla fine ne resterà soltanto uno.

E’ la famosa citazione tratta dal film cult di Russell Mulcahy del 1985, Highlander.

Andy Murray non viene dalle Highlands però, viene da Dunblane e dubito sia un immortale, ma quando domenica, col trofeo in mano, si è trovato a rispondere alle domande della giornalista della BBC ha ricordato a tutti chi è stato.
E’ un ragazzo scampato a un destino già scritto. Si perché c’era anche lui quel 13 marzo 1996 quando un folle sparando all’impazzata uccise 16 bambini nella scuola del suo paese. Lui e il fratello Jamie si salvarono rifugiandosi nell’ufficio del preside e come ha ribadito domenica adesso Dunblane sarà famosa per un altro motivo.

Ora a Dunblane si può sorridere
Ora a Dunblane forse si può sorridere.

Che finale è stata; beh sicuramente meno emozionante rispetto a quella che Murray e Djokovic avevano giocato a New York lo scorso settembre. Nonostante fosse lo scozzese quello all’appuntamento con la storia, il più teso è sembrato il serbo che nel set iniziale ha sbagliato tantissimo.
Nel secondo invece ha cambiato tattica, cercando di trovare la via della rete più spesso e nonostante un break di vantaggio ha finito per farsi rimontare e perdere e perdere anche il secondo parziale.

Nel terzo la partita sembrava ormai finita una volta che Murray è andato avanti di un break, ma se gli inglesi hanno atteso 77 anni (!!!) prima di rivedere un “loro” connazionale trionfare sul centrale di Wimbledon, potevano anche aspettare qualche minuto in più. E così il terzo set è andato a strappi, 2-0 Murray, 4-2 Djokovic, 6-4 Murray.
L’ultimo game, quello che ha fatto e farà la storia sembrava non voler finire mai. Murray è salito agevolmente 40-0, si aspettava solo il boato del centrale e invece no, Nole ha risposto da campione, quello che non vuole abdicare così facilmente ed è arrivato ad avere anche 2 palle break che forse non avrebbero cambiato il destino del match, ma che avrebbero fatto tremare un po di più Murray e tutta la nazione. Al quinto match point per lo scozzese invece, il passante di Djokovic si è fermato in rete ed è stata storia.

77 di attesa per un nuovo "king"
Game, set, match & history.

Non si inginocchia come fecero Borg o Federer, nemmeno scoppia in lacrime come Agassi o Ivanisevic, si limita ad esultare girandosi verso il suo angolo col suo solito sguardo freddo e rabbioso. E’ un ringraziamento per tutti. Una dedica speciale per mamma Judy e per il coach, quell’Ivan Lendl che qui a Wimbledon aveva perduto due finali nel 1986 e 1987 condite da altre cinque semifinali.

Onore a Djokovic per il torneo e per la fantastica semifinale con Del Potro e se forse, in finale, non è stato un Djokovic da 10 in campo, lo è stato senza dubbio a parole post match. Riconoscendo con grande classe la vittoria di Murray e sottolineando come la pressione di avere un’intera nazione sulle spalle renda questo trionfo ancora più speciale.

L’abbraccio tra i due a fine match e quello che i genitori di Nole hanno riservato a Murray arrampicatosi in tribuna a ringraziare il suo team sono un fotografia perfetta per il tennis, segno del grande rispetto che c’è tra entrambi i giocatori e i rispettivi team marcando in maniera netta quella che sarà la rivalità in campo maschile per il futuro.

Ci rivediamo in America?

Già perché da questo Wimbledon chi ne esce con le ossa rotte sono ovviamente Nadal e Federer.
Lo spagnolo ha mostrato ancora una volta tutti i dubbi ad essere competitivo al di fuori della terra battuta, mentre Roger è ormai entrato in pianta stabile nella Sunset Boulevard. Le similitudini con Sampras si vedono anche sotto questo aspetto, vedremo se come Pete avrà la forza per un ultimo acuto da Leggenda.

Rino Tommasi diceva: quando Murray perde è Scozzese, quando invece vince è Inglese; riuscirà Andy dopo questa impresa a diventare un inglese al 100% o come Sean Connery, che pur facendo le sue fortune sotto l’impero della Regina ha mantenuto un forte orgoglio patriottico, manterrà intatto il suo animo scozzese?
In fondo, chi addestrò MacLeod in quel famoso film svelandogli di essere un Highlander...

Scottish Pride
Scottish pride.

Andrea Lanzarini